Indianizer. Uscito a fine Marzo il nuovo album “Zenith”
Io non sono un giornalista, sono un musicista che ogni tanto scrive di musica per scoprire musica nuova, nuova come questo bel disco degli Indianizer, band nata nel 2013 dalle menti di alcuni psiconauti ispirati dai deliri selvaggi degli Animal Collective e dalle ritmiche tropicali dei Django Django.
A tre anni di distanza dall’album di esordio “Neon Hawaii”, è uscito il 27 marzo per Musica Altra / Edison Box il loro secondo full-length intitolato “Zenith”, a simbolizzare “la ricerca di un Padre cosmico forse inesistente, donatore di amore e vita come il Sole, dissipatore di ombre e dubbi, ma che allo stesso tempo può distruggere tutto ciò che ha creato, diventando pericoloso e mortale proprio nel punto più alto del suo percorso”.
Sound originale, effetti cosmici e ricercati, percussioni e basso ipnotici, insieme ad un ottimo lavoro sui riverberi e sui pedali di modulazione, compongono un album maturo e coinvolgente, in cui la psichedelia melodica dei Kula Shaker sembra incontrare le sperimentazioni world dell’Owiny Sigoma Band.
Il nuovo lavoro è anticipato dal singolo “Mazel Tov II”, in uscita il 19 febbraio, di cui intanto è già disponibile una preview che include il mix originale, il remix di Don’t Dj e una versione dub di Passenger.
Zenith segna il raggiungimento di un sound più personale e consapevole e allo stesso tempo conserva l’utilizzo di un approccio differente alla composizione e all’arrangiamento rispetto a Neon Hawaii.
Caratterizzati dall’utilizzo di inglese, spagnolo e una lingua inventata, i brani sono nati da jam sessions libere e selvagge a cui sono state aggiunte le linee vocali solo successivamente, delineando strutture imprevedibili. L’intensità emotiva aumenta fino al punto massimo, lo Zenit, per poi scoppiare e disperdersi nel cosmo. Un percorso circolare che si apre con l’alba (“Dawn”) e si chiude col tramonto (“Dusk”) mettendo in musica un viaggio fatto di suoni, colori e suggestioni tribali.
La traccia: Dusk, che apre con una batteria alla “Reckoner” dei Radiohead ed esplode poi lentamente in un crescendo incessante di cori e pattern elaborati, tra la savana e lo spazio.
Giulio Pantalei