Un caffè con Nicola….Viva la vida!
Nicola ed io veniamo da un posto dove puoi dire di conoscere una persona senza averci mai scambiato una parola. E così è stato per noi. So chi è, conosco la sua faccia, i suoi genitori, i suoi parenti più stretti, ma ho parlato con lui per la prima volta solo di recente nel corso di una videochiamata Italia- Cambogia. Un caffè simbolico preso insieme, ci siamo detti, con la promessa di prenderne uno vero quest’estate.
Nella piccola comunità da cui veniamo la notizia del suo viaggio zaino in spalla, iniziato l’estate 2013, fece molto rumore, arrivando alle grandi città dove molti di noi si sono trasferiti per lavorare. Le notizie all’inizio sono poche: Nicola aveva un ottimo lavoro a tempo indeterminato (“Guadagnavo più dei miei messi insieme”, mi dice) che ha lasciato per girare il mondo. Il resto lo fanno internet ed i social: lo seguiamo virtualmente in Sud America, in Marocco, in uno sfortunato tentativo di coast to coast americano in sella ad una bici. Siamo critici, forse invidiosi, di certo increduli. E’ un viaggio il suo ricco di avventure e disavventure, incontri fortunati (chi lo raccoglie mentre fa autostop, chi lo ospita, fino alla signora che in Australia rivede in lui il figlio partito zaino in spalla per l’Europa e senza dirgli niente gli paga una notte al caldo),tanti rischi e tanta ingenuità.
E’ un viaggio verso qualcosa che Nicola però non riesce a vedere con chiarezza. Fino al Dicembre 2014. E’ in Cambogia ed una sera un po’ bizzarra, complice un passaggio in autostop non molto sereno, decide di fermarsi in un villaggio e non proseguire per Phnom Phen. A chi lo scarica dall’auto chiede solo il nome del posto. “Kampong Cham”, gli rispondono. Ed è qui che la storia di Nicola cambia. Perché a Kampong Cham Nicola inizia a girovagare senza una mèta precisa: gli serve un posto per dormire, ma fa tutto con molta calma, trova anche un barbiere che per un dollaro gli sistema i capelli. E ad un tratto si ritrova davanti ad un orfanotrofio. “Ci vivono 87 ragazzi” mi racconta “dai cinque ai venti anni. Vanno a scuola, hanno la mensa ed un cortile dove giocare, ma dormono su tavole di legno ricoperte da sottili stuoie”. Non hanno materassi e questo per Nicola è un graffio nel cervello. Sa che a pochi metri da quell’orfanotrofio ci sono bambini in condizioni peggiori, che magari oltre ad un materasso non hanno nemmeno cibo e vestiti, ma lui ora è lì ed ha un solo obiettivo: portare i materassi nell’orfanotrofio. Nicola lancia un appello sui social, chiede un contributo a chi in questi 16 mesi lo ha seguito virtualmente in giro per il mondo. Gli bastano 1000 euro per far avere un materasso ad ogni bambino, ma ne raccoglierà oltre 2000, riuscendo ad acquistare anche vestiti, divise scolastiche, materiale per i dormitori e cibo. E la mattina del 25 dicembre 2014 Nicola è ancora nell’orfanotrofio di Kampong Cham ad organizzare il pranzo di Natale. E’ questa la mèta del suo viaggio, è qui che doveva arrivare. Ed è qui che Nicola si ferma, non prima di aver vissuto altre avventure che però gli rendono sempre più chiaro il suo sogno. Quel sogno è oggi un progetto. Si chiama Viva la Vida, una Onlus che in un villaggio vicino Kampong Cham è riuscita a costruire una scuola dotata di libreria, sala computer, farm e campo da calcio. Un vero centro culturale aperto a ragazzi dai 5 ai 17 anni con un obiettivo unico: dar loro una prospettiva per il futuro. Nicola vive lì, in una stalla ristrutturata e combatte ogni giorno con una cultura locale non semplice, che vorrebbe i bambini a casa a badare ai più piccoli, nei campi a lavorare, ma non di certo a scuola. Ha fatto da poco un giro della Cambogia in tuk tuk per promuovere l’importanza del riciclo della plastica, in un paese purtroppo sommerso di immondizia e soffocato dai roghi.
Nella nostra videochiamata parliamo del futuro. Ha ancora tanti progetti che vorrebbe realizzare, di alcuni parla, di altri preferisce non dire nulla. Non sa se si fermerà a lungo in Cambogia, di certo viaggerà ancora. “Sai cosa ti è successo ieri, ma per fortuna non sai cosa ti succederà domani” mi dice. Mi sembra stanco, ma sempre vulcanico, irrequito forse, ma determinato. Un viaggiatore che per ora è arrivato a casa.
Tina Aiello