Unesco: l’Italia proponga la vite maritata, reperto archeologico vivente
di Roberta Maresci
Su pioppi, aceri, olmi e ulivi, c’è stato un tempo in cui la vite si coltivava alla maniera etrusca, maritandola anche al fico o ad altre piante da frutto. In origine non erano potate, proprio come quelle che guardano le sostruzioni nel Parco Archeologico di Otriculum, primo paese che accoglie in Umbria chi proviene da Roma. Per chi non ha idea del paesaggio che crea questo matrimonio arboreo, veda la Madonna con Gesù bambino dell’artista lombardo Bernardino Luini (Madonna con grappolo d’uva, 1480-1485). Siede serena vicina ad una vite maritata ad un albero di fico (a destra). Oppure chi preferisce ammirare una scena di vendemmia, si soffermi un po’ sull’opera Settembre del toscano Antonio Tempesta (1599). Scriveva Aubert de Linsolas nel suo libro Souvenirs de l’Italie (1835): “… i rami della vite intrecciati ai grandi alberi all’orlo della carreggiata, danno l’idea di tanti archi trionfali di verzura, preparati per il passaggio di un potente monarca”. E scriveva pensieri entusiasti nel suo diario anche dall’architetto francese Jacques-Germain Soufflot a metà Settecento, in visita a Paestum, oppure il più gettonato Goethe nel suo celebre Viaggio in Italia (1813-1817).
Scene autorizzate a rapirci l’anima camminando a occhi aperti, proprio come accade con “Immersioni nel paesaggio”, progetto che porta la firma di Lucio Graziano, non una guida turistica qualunque. No, Lucio è un divulgatore dei luoghi marginali, desideroso di portare quanti sono animati dalla curiosità di imbarcarsi (come lui e la compagna Giulia), in passeggiate per luoghi risparmiati dall’agricoltura intensiva. “Mi piace pensare che le persone che accompagno diventino un pochino ‘difensori del loro paesaggio dietro casa’, imparando a discernere il valore nascosto nelle cose e scoprire un nuovo significato di bellezza”, dice il giovane, con una laurea in tasca in scienze naturali e 14 anni di consulenze per enti pubblici su progetti ambientali sulla biodiversità. Volete l’occasione per esercitarvi all’arte di guardare? Immergetevi nell’anima dei luoghi. Ne guadagnerete in consapevolezza dei luoghi, respirando il passato ma anche il presente di quei paesaggi. È capitato anche a Otriculum dove, nel Parco Archeologico, privo di mura e biglietti di ingresso, indecisi se soffermarci sulle terme, sul ninfeo, i monumenti funebri o piuttosto sulla fontana pubblica, un pezzo della via Flaminia o sul teatro e l’anfiteatro, gli occhi sono stati tutti per le “Grandi Sostruzioni”: delle enormi terrazze con delle arcate sottostanti aperte. Quasi delle gallerie cieche. A guardarle somigliano molto a un enorme ponte incastonato dal lato della lunghezza per contenere il terreno. Ma furono usate anche come magazzino nella parte delle arcate, aperte ed enormi. In sostanza queste sostruzioni rappresentano uno dei monumenti più caratteristici e imponenti di Ocriculum. Lungo circa 80 metri e costituito da 12 ambienti a volta disposti su due piani, la grande sostruzione fu pensata come una platea incastonata nel terreno proprio per frenare eventuali suoi cedimenti. Poi, la “sala hobby verticale” dell’antichità fu usata per riporre quanto doveva arrivare a Roma attraverso l’imbarco delle navi dal Porto dell’Olio a pochi metri di distanza, sull’ansa del Tevere.
Guardando le arcate a due piani delle sostruzioni, ecco che tornano d’interesse storico anche le viti maritate, meritevoli di un riconoscimento come patrimonio immateriale dell’Unesco. “Magari!” esclama Lucio Graziano: “Le cosiddette ‘piantate’. Si tratta di un tipo di sistemazioni agrarie antichissime in uso già in epoca etrusca ed ereditate dai romani, alcuni autori sostengono che i romani la impiegassero come metodo prevalente di coltivare la vite (Arbustum gallicum). E’ stata una forma di coltivazione promiscua della vite diffusissima in Sabina e in tutta l’Italia peninsulare (soprattutto nei territori di precedente influenza etrusca) fino agli anni ’60 e poi velocemente scomparsa per far posto alle coltivazioni specializzate di viti e ulivi, è interessante vedere la piantata in un sito archeologico perché si tratta di un esempio di “reperto archeologico vivente” accanto alle rovine murarie, molto evocativo anche del carattere agricolo di Ocriculum. Comunque c’è da dire che si usavano piante per tutore vivo con un apparato radicale e chioma che interferivano poco con lo sviluppo della vite”.