BARBIE MOSTRA SE STESSA: La bambola icona pop approda in Italia
Barbie in mostra al Complesso del Vittoriano Ala-Brasini dal 30 aprile al 15 ottobre 2016. L’esposizione è stata organizzata dal gruppo Arthemisia e da 24 ORE-Cultura- Gruppo 24 ORE, in collaborazione del gruppo Mattel e curata da Massimiliano Capella.
Nome Barbara Millicent Roberts, 56 anni, nome d’arte Barbie, altezza e peso variabili. E così, Barbie scende dai tacchi e si presenta con qualche chilo in più. Ha costruito intorno a sé un mito che oggi la rende un’icona pop senza eguali. Protagonista dei diversi cambiamenti sociologici e antropologici, Barbie è un modello estetico che nel corso della storia si è reinventato per seguire i fenomeni di massa. L’esposizione ripercorre questi mutamenti di costume. Siamo all’inizio degli anni ‘60, Barbie nasce per rappresentare la donna indipendente, emancipata, che entra prepotentemente nel mondo del lavoro, dominio al momento esclusivamente al maschile. Diventa hostess, infermiera, stilista di moda e cantante di night. Può essere tutto e fare tutto, ma ovviamente, tiene conto delle possibilità lavorative offerte alle donne in quel periodo.
Il gioco che suggerisce Barbie è quello di comprare la bambola per costruirle la vita o forse impararla da lei. La Barbie diventa per la bambina che ci gioca, la proiezione di sé in età adulta, non ha confini e non ha limiti. Il sociologo Alberto Abruzzese sostiene che se in una fase primitiva, le bambole avevano un loro rituale del gioco che consisteva nell’addestrare la bambina a fare la mamma, Barbie invece, vive in una dimensione di consumi che ha il suo ruolo primario nel prendersi cura di sé, del proprio corpo. Barbie va continuamente costruita, e mentre si costruisce Barbie si costruisce l’immagine di sé proiettata nel futuro da adulta. Questa interattività del gioco di co-produzione o meglio, la sua potenzialità di aspirazione, è rimasta forte negli anni, ma soprattutto è un fenomeno che precede l’interattività elettronica ormai di massima fruibilità.
Barbara è alta, bionda, è magra e non ingrassa mai. Ha un fidanzato innamorato, Ken, con il quale non può farsi mancare serate romantiche e cene a lume di candela. Certo, come nella vita reale, hanno avuto anche loro una piccola crisi durante la quale Barbie non si è fatta mancare una scappatella estiva con Blaine, un accattivante surfista. Ma Barbie è stata ovviamente perdonata e da lì ha proseguito la relazione con Ken con il quale è ancora felicemente fidanzata. Barbie però non si è sposata, rendendola oggi più che mai protagonista di una coppia di fatto. Possiede una villa da cifre mozzafiato a Malibù, un camper e una macchina fucsia decappottabile. Insomma, la bambola più famosa del mondo incarna l’ideale della donna perfetta, o quasi.
Ma perfetta per chi? La Mattel, la multinazionale madre di Barbie che fattura anno dopo anno miliardi di dollari, ha subito nel tempo, svariate polemiche per aver promosso un’icona di imperfetta perfezione: Barbie è infatti priva di genitali, i suoi fianchi sono troppo stretti per sostenere una gravidanza, ha il collo troppo lungo e i piedi sono posizionati verticalmente per facilitare l’uso di scarpe con i tacchi. Il modello che la bambola offre è quello di una magrezza irraggiungibile. Ma le accuse non finiscono qui: Barbie con la sua pelle bianca e i suoi capelli biondo platino, rappresenta solo una prospettiva miope di bellezza, non tiene infatti conto di altre realtà estetico- culturali presenti nel mondo.
Il caso più emblematico è stato quello delle Muslim dolls. La Mattel negli anni ’90 lancia la collezione di bambole Ragazze del Mondo con lo scopo di rappresentare, attraverso le Barbie, le diverse tradizioni estetiche globali. Nasce così Leyla, la danzatrice del ventre marocchina schiava di un sultano turco. Questa scelta però, non piace molto ai Paesi Arabi che additano la Mattel come razzista ed incline a pregiudizi. In linea con questo pensiero, il Comitato per la Diffusione della Virtù e la Prevenzione del Vizio dell’Arabia Saudita, dichiara Barbie come un simbolo della decadenza e della perversione occidentale. È troppo provocante per la religione musulmana tanto da essere bandita. Conseguentemente si sente l’esigenza nel mondo arabo di creare una nuova bambola più adatta ai canoni musulmani, nascono così una serie di surrogati Barbie sempre munite di hijab sobri e poco appariscenti. La prima, Razanne, nata nel 1999 dai coniugi Ammar e Sharie Saadeh, (proprietari dell’azienda di giocattoli NoorArt, Detroit, Michigan) aveva lo scopo di insegnare alle bambine arabe l’educazione ai precetti islamici attraverso la dissuasione dal prendersi cura del proprio corpo o altre frivolezze simili. Razanne, ovvero “modestia”, è infatti lo specchio della sobrietà musulmana: non ha seni, tantomeno alcun accenno di fianchi, il suo unico abito è l’hijab,una tunica e il velo islamico.
Evidentemente alla bambola mancava qualcosa per raggiungere il successo: un tocco fashion che la svecchiasse. Ecco quindi che nel 2003 esce Fulla, la ragazza araba di Dubai che ama lo shopping sfrenato e che quindi vanta una considerevole collezione di abiti d’alta moda certamente venduti insieme ad un velo che la bambola dovrà scrupolosamente indossare prima di uscire. A differenza della Barbie occidentale, Fulla si dedica solo ad attività domestiche come cucinare, innaffiare le piante, aiutare i fratellini e pregare. Se Barbie nel corso della sua storia ha interpretato i più svariati mestieri, sfondando anche quelli che erano i confini maschili per antonomasia, come Barbie militare o Barbie pompiere, Fulla può ora solo dedicarsi a due attività concesse dalla religione musulmana quali l’insegnante e la dottoressa.
Proprio perché traduce l’esigenza di rafforzare le istanze culturali esistenti in quella determinata società, non stupisce che Fulla abbia avuto nei Paesi Arabi un successo tanto smodato da superare il numero di vendite della sua rivale californiana. Per quanto i bambini dovrebbero essere liberi di giocare senza essere condizionati da modelli e icone predefiniti, è inevitabile che si preferisca acquistare una bambola che rispecchi il mondo circostante: un modello cui le bambine possono rispecchiarsi senza equivoci.
Sebbene le polemiche nei confronti di Barbie non siano mai del tutto finite, la bambola ne è sempre uscita vincente e anzi, è forse l’unica tra i suoi simili che è continuamente rimasta sulla breccia dell’onda senza lasciarsi mai sorpassare dalle novità.
L’esposizione nel suo percorso mostra chi è Barbie e come si è trasformata dal 1959 ad oggi: quali sono gli abiti che ha indossato, i mestieri che ha svolto, i cambiamenti fisici che ha subìto. I collezionisti appassionati non potranno fare a meno di soffermarsi sulla parte finale dell’esposizione in cui Barbie si mostra come interprete di alcune tra le più grandi icone dello spettacolo come Audrey Hepburn, Marylin Monroe o Beyoncé.
Giorgia Isabella Tripaldi