Al Metrò, in un viaggio di gusto con Nicola Fossaceca.
“Al Metrò, nel suo nome, porta il ricordo di mio padre e mia madre, della loro giovinezza e del loro amore, da cui poi io e mio fratello siamo nati, da cui poi io e mio fratello abbiamo ereditato la passione e l’intraprendenza per fare di Al Metrò quello che oggi è diventato”. Esordisce così Nicola Fossaceca, chef e patron, insieme al fratello Antonio, dell’ormai unicamente ristorante di San Salvo Marino, paesino marimontano a metà strada tra Abruzzo e Molise.
Al Metrò nasce come pasticceria circa trent’anni fa, “i miei – racconta Nicola – misero su Al Metrò, di ritorno da Roma, dove mio padre partecipò ai lavori di scavo per la Metropolitana, mentre mamma si teneva occupata, frequentando svariati corsi di cucina; tornati a San Salvo, decisero di mettere a frutto gli apprendimenti di mia madre Antonietta. Nacque così la pasticceria, quella che fino al 2015 è stata l’altra metà del nostro ristorante”. Nell’estate del 2015, infatti, tutto è cambiato, e con l’ultima ristrutturazione, Domenico ed Antonietta hanno definitivamente lasciato i figli a condurre le redini del locale. “I miei sono andati in pensione – sorride Nicola – hanno capito che potevano fidarsi di noi. Il percorso che abbiamo fatto è stato graduale. Da quando ci siamo insediati, Antonio ed io, abbiamo sempre di più tentato di allontanarci da quello che era il concetto tradizionale di ristorazione, quello tipico della nostra zona e quello affine al messaggio che i miei genitori volevano trasmettere. I loro dolci erano quelli dei pranzi domenicali, la mia cucina confortevole, rassicurante. Poi qualcosa dentro di me è cambiato, ho iniziato a studiare in modo più approfondito, a conoscere e frequentare altro, a voler fare altro, entrando sempre di più in quel mondo a cui sentivo essermi appena accostato”. C’è chi gira il mondo per imparare l’arte e chi quell’arte ce l’ha dentro e ha bisogno solo di uno stimolo in grado di farla emergere. Questo è stato il caso di Nicola. “La cucina è stato per me il pretesto per non studiare – ricorda Nicola, sorridendo, con il suo fare limpido e riservato – frequentai la scuola professionale, ma non toccai la pasticceria, quella era dominio di mamma e papà, io volevo tracciare un percorso mio, crearmi una mia identità. Terminata la scuola, assecondai il desiderio di mio fratello Antonio, sommelier e appassionato di vino, il cui sogno era quello di aprire un piccolo ristorante. Ci rivolgemmo ai nostri genitori, Al Metrò aveva spazio per ambe le realtà. Dopo qualche anno, entrai in contatto con chef del calibro di Mauro Uliassi, da cui rimasi un mese, Anthony Genovese e Niko Romito, il quale rappresentò per me la chiave di volta. È buffo che proprio Al Reale di Niko, io non lavorai mai. Andai a mangiar da lui per la prima volta nel 2004, lo conobbi, gli raccontai la mia storia e lui rimase affascinato dal mio spirito umile e curioso. Volle aiutarmi. Con lui imparai che esisteva un altro modo di cucinare. Un altro modo di onorare la tradizione. Un altro modo di valorizzare la materia prima offerta dal nostro territorio. Imparai che un piatto buono poteva essere anche bello. Che un piatto semplice poteva anche essere elaborato. Che i suoi ingredienti potevano essere studiati, trattati singolarmente, e riassemblati in una forma nuova”. Era il 2004 e Nicola muoveva ancora in primi passi, da cui poi sono arrivate tante soddisfazioni e riconoscimenti: nel 2011, Nicola è entrato a far parte del circolo dei Jeunes Restaurateurs, nel 2012 ha ottenuto la stella michelin, nell’agosto del 2015 sono terminati i lavori di ristrutturazione. “Oggi, il locale è finalmente in linea con ciò che mio fratello ed io vogliamo trasmettere – afferma Nicola – una forma di ristorazione moderna, che metta al centro i piatti e il cliente, schietta, essenziale, senza orpelli”. L’offerta gastronomica, così come gli spazi che ospitano Al Metrò, è cambiata negli anni, si è trasformata, mantenendo tuttavia inalterata la sostanza, che è quella si sempre, con le materie prime che sono quelle tipiche dell’Abruzzo e dell’Adriatico. “Posso identificare in un piatto il mio percorso di crescita, è un evergreen, insieme a tanti altri, cui sono affezionato e che hanno reso Al Metrò quello che oggi è Al Metrò, come gli arancini di riso con ventricina del vastese, la triglia in skapece, o i tortelli di ricotta in brodo di crostacei, ma quello che più mi rappresenta è senza dubbio il piatto Cicoria e cicale. All’inizio brodo di cicale in coccio, cucinato e servito come da tradizione come un tutt’uno, oggi scomposto nei suoi ingredienti che vengono cucinati, ognuno con il metodo di cottura che meglio valorizzi le sue qualità, e poi riassemblato in un piatto, con ordine e compostezza. Non più un tutt’uno, ma un insieme, un matrimonio dove ogni componente regala il meglio di sé”.
È golosa la cucina di Nicola, bella, invitante, gusti il piatto con gli occhi e le papille gustative lo confermano, talmente tanto che spesso le buone maniere sono d’impiccio e ti dici, che in fondo, se in amore in guerra tutto è concesso, perché non può esserlo anche da Nicola, Al Metrò.
Martina De Meis