Il Caffè Propaganda ritrova la sua cucina con Fabio Pecelli
“L’ufficio del cuoco è la cucina”. Così recita la prima pagina del menù del Caffè Propaganda, famoso locale nato nei pressi del Colosseo, alla fine del 2011. E un ufficio, il numero 15 di Via Claudia, fino al 2011, lo era effettivamente stato: l’ufficio di Maurizio Bistocchi, architetto e imprenditore, già famoso per aver partecipato al lancio dei concept romani dedicati a Replay, lo Store e il Caffè. Fino al 2011. Il 17 novembre di quell’anno, infatti, tutto è cambiato e, da uno studio di architettura, è nato, per volontà del suo proprietario, un luogo sospeso nel tempo, uno spazio teso a rievocare i salotti italiani degli inizi del ‘900, in cui gli arredi, laddove possibile originali, richiamassero lo Stile Liberty che caratterizzò i primi anni del XX secolo.
Il Caffè Propaganda nasce 6 anni fa, sotto l’egida culinaria dell’istrionico “romanaccio” Arcangelo Dandini e dello chef-pâtissier Stèphane Betmon, che a suon di Supplizi e Macaron dettavano legge. Fino ad un certo punto, però. Poi la cucina ha perso il suo comandante, i suoi comandanti, e, con loro, la rotta. Il locale rimaneva un unicum per i suoi arredi, il bar era nelle mani di Patrick Pistolesi, uno dei bar tender più blasonati della capitale, ma la cucina mancava di personalità, si navigava a vista, era necessaria un’impronta e, al contempo, una ventata di novità.
Fabio Pecelli, già chef del Pastificio San Lorenzo e poi insegnante presso Coquis, scuola di alta cucina creata da Angelo Troiani, scalpitava per tornare sul “campo di battaglia”: «Ho sempre cercato di assecondare le mie pulsioni – confessa Fabio, con quel suo fare rilassato e rigoroso al contempo – ho lasciato il Pastificio , nel momento in cui compresi che non avrei più potuto spingermi oltre, ho lasciato il Pastificio all’alba della nascita del mio primo figlio, Gabriele, volevo dedicarmi alla famiglia, riprendere in mano la mia vita. Volevo staccare, ma poi ebbi l’opportunità di entrare a scuola come docente fisso. Dall’altro lato della cattedra, mi ritrovai ad insegnare a ragazzi che avevano fatto la mia scelta, che volevano intraprendere la mia vita». Un percorso in evoluzione quello di Fabio: «La scuola mi ha insegnato a guardare la cucina da un’altra prospettiva. Il lavoro, la pratica incessante, mi sono accorto, mi avevano portato a sviluppare automatismi che si allontanavano da quell’approccio metodico, quasi scientifico, che la scuola ti offre. Ho sviluppato, consolidato forse, o semplicemente ritrovato, in ciò che facevo, una ratio, una consapevolezza, ho ritrovato sui libri quello che facevo e ravvisato in ciò che facevo, quanto studiato sui libri. Una rispondenza, ecco, cui forse, non facevo più caso».
Fabio è entrato, in pianta stabile, al Propaganda circa due mesi fa. Nel suo ufficio ci ha messo la sua storia, Fabio si è formato nella ristorazione alberghiera, ancor prima che nelle cucine di grandi chef del calibro di Niko Romito e Riccardo Di Giacinto, e questo pezzo di vita lo si ritrova nel menù: «Tra i secondi proponiamo la Quaglietta farcita, il suo sugo e il suo ovetto, è una preparazione classica, la quaglia disossata al guanto riporta al rigore dell’alta ristorazione di circa vent’anni fa, quando c’erano i fondi e le lunghe cotture non prevedevano il sottovuoto. Un classico rivisitato con ironia, nello stesso piatto, accanto alla quaglia, sono presenti i pop corn ricordo del mais che un tempo ne fu nutrimento. Vado avanti senza scordare le mie origini. Se faccio quattro passi indietro è per ritrovarmi circa dieci in avanti».
Il sogno di Fabio, quello con cui l’avevamo lasciato al Pastificio, era proprio un ritorno all’essenziale, all’utilizzo di materie grezze per tutto ciò che al piatto faceva da cornice: «Sogno ancora un ristorante senza ceramiche… Ci stiamo lavorando, la quaglia è servita su ardesia ricavata in loco, un materiale di recupero, ottenuto dai lavori di ristrutturazione del locale». La filiera è corta e controllata, il 70% di frutta e verdura proviene da un accordo con un orto di Monterotondo che lavora in regime biodinamico: «La natura, trattata con amore e rispetto, risponde alle nostre esigenze, restituendo mini-verdure tenere ed esili, germogli, fiori eduli, insalatine. Preferisco stupire giocando nell’orto, che nel piatto, con abbinamenti stravaganti».
Molto importante, al nuovo Propaganda, la sinergia con la sala, i ragazzi sono formati e supervisionati da Enrico Camelio, insegnante di Sala e Bar dell’Istituto Pellegrino Artusi, mentore ed iniziatore di Fabio, quel Fabio, che a scuola andava ancora in qualità di studente. Molto importante, al nuovo Propaganda, la collaborazione e la solidarietà tra i ragazzi della cucina. «Sono meravigliosi. Il mio secondo, Antonio Cosmai, è il mio alter-ego, parlare con lui, è come parlare allo specchio. Lo conobbi quando ancora ero al Pastificio, mi piacque subito, lo aiutai e lo consigliai, come forse qualcuno, pochi anni prima, aveva fatto con me». Anche con gli altri sette ragazzi della brigata, il rapporto è saldo: «Quando lavori per così tante ore, fianco a fianco, si instaura una relazione che non posso spiegare, i ragazzi lavorano in modo eccellente, ma chiedo loro sempre di più, perché so che possono darmelo, darselo. Mirko, Monica, Valerio, Federico, Daniele, Marco, Marco, sono loro i ragazzi con cui dividiamo i pochi metri quadri di cucina, per loro sono un padre e un maestro, sono severo, ma faccio di tutto per agevolarli nel lavoro. Sanno che mi devono portar rispetto, nella cucina lo chef è il comandante della nave, ma usano nei mie confronti dedizione, affetto, premura, come quella volta in cui, nella difficoltà, vollero fare di più, come quella volta in cui, mentre ero in riunione, portarono la mia moto sgangherata al riparo dalla pioggia».
Fabio, che ha l’atteggiamento da duro, parla col cuore di quella che è tornata ad essere la sua vita, il suo mondo: la cucina. La cucina che è tornata ad essere il suo ufficio, che assurge ad essere “proprio mondo” per chiunque ami quello che fa.
Martina de Meis