La curcuma? È una sostanza sicura.
Lo dimostrano le pubblicazioni scientifiche internazionali e le Linee guida sull’epatite da farmaci pubblicate a giugno dall’Associazione Europea per lo studio del fegato.
Catanzaro, 4 luglio 2019 – Mentre prosegue l’attività di verifica del Ministero della salute a seguito della segnalazione, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, dei casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di curcuma, crescono i timori degli italiani legati al consumo della sostanza.
Secondo il Prof. Ludovico Abenavoli, Professore Associato di Gastroenterologia dell’Università Magna Grecia di Catanzaro si tratta di un allarme che non trova fondamento scientifico.
“La tollerabilità e sicurezza per l’uomo della curcuma e della curcumina, il principale polifenolo naturale presente nel rizoma di Curcuma longa, così come le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anticancerogene, sono state dimostrate da numerosi studi clinici che hanno preso in esame le due sostanze sotto forma di polvere ed estratto standardizzati – sottolinea l’esperto – Secondo il Comitato congiunto di esperti per gli integratori alimentari delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, la dose giornaliera ammissibile della curcumina è di 0 – 3 mg/kg di peso corporeo. Gli unici effetti collaterali descritti, correlati soprattutto ad un sovradosaggio, sono rappresentati da diarrea, nausea, dispepsia, cefalea, rash cutaneo, lieve aumento della FA sierica.”
In letteratura sono stati descritti anche alcuni casi clinici che correlano l’utilizzo di integratori a base di curcumina con lo sviluppo di epatite acuta.
“A questo proposito è necessario riportare come attualmente la diagnosi di danno epatico da farmaci o integratori viene posta attraverso la scala di RUCAM – Roussel Uclaf Causality Assessment Method – chiarisce Abenavoli – Essa valuta la latenza intercorsa tra la somministrazione della molecola e le manifestazioni cliniche, il dechallange ossia il decorso clinico dopo la sua sospensione e l’eventuale rechallange ossia la risposta dopo reintroduzione, nonché la possibilità di una patologia epatica pre-esitente, le eventuali reazioni immuno-allergiche, nonché la presenza di altri report simili presenti in letteratura. I gradi di causalità sono sicuro, probabile, possibile, improbabile, escluso. Contestualizzando quanto detto sui recenti casi di epatite acuta, si nota come le ipotesi diagnostiche formulate, presentino sempre un grado di probabilità senza fornire certezza assoluta, proprio a sottolineare la difficoltà nel correlare l’assunzione degli estratti di Curcuma con lo sviluppo del danno epatico, anche per la presenza di altri fattori in grado di influenza il quadro clinico – continua – Non quindi è possibile definire con accuratezza l’incidenza del danno epatico indotto da integratori alimentari, soprattutto a causa del notevole grado di variabilità a seconda delle casistiche valutate e dei Paesi considerati.”
La sicurezza di curcuma e curcumina è riconosciuta anche dalle Linee Guida sull’epatite da farmaci, pubblicate nel mese di giugno 2019 dall’Associazione Europea per lo Studio del Fegato (EASL), che non inseriscono la curcuma ed i suoi derivati, come integratori determinanti effetti avversi epatici. Nel paragrafo dedicato all’uso di fitoterapici ed al rischio di sviluppare epatotossicità, in particolare, emerge la difficoltà di diagnosi nel determinare una relazione tra l’assunzione di integratori ed il realizzarsi dell’evento avverso che necessiterebbe di esami approfonditi come la biopsia epatica nella diagnosi di epatite da sostanze esogene, nella valutazione del danno del parenchima epatico, ma soprattutto per la diagnosi differenziale con altre possibili malattie epatiche ed in particolare quelle a genesi autoimmune.
“I dati clinici della letteratura internazionale documentano quindi le potenzialità terapeutiche della curcumina. Dalla sua grande efficacia sui disturbi legati allo stress ossidativo, al suo notevole impatto su patologie croniche, si registra il massimo interesse da parte della comunità scientifica nel continuare ad approfondire la conoscenza su questa molecola di origine naturale – conclude Abenavoli – Dal punto di vista clinico, se ne registrano la sicurezza e la tollerabilità, se assunta entro il range delle dosi consigliate. Gli effetti indesiderati correlati all’assunzione di curcumina sono minimi e facilmente gestibili.”
Curiosità
La curcuma è una pianta perenne erbacea rizomatosa (Curcuma longa) della famiglia dello zenzero. La curcumina (1,7-bis (4-idrossi-3-metossifenil) -1,6-eptadiene-3,5-dione), chiamato anche diferuloilmetano, è il principale polifenolo naturale presente nel rizoma di Curcuma longa. La curcuma che rappresenta il componente principale del curry, miscela di spezie utilizzata in cucina per aromatizzare ed insaporire i cibi, e soprattutto un rimedio tradizionale il cui utilizzo in campo medico è documentato in scritti risalenti ad oltre 2000 anni fa. La curcumina in Giappone è servita nel tè, in Tailandia è usata nei cosmetici, in Cina viene usata come colorante alimentare ed anche nell’Unione Europea, dove è stata ammessa con la sigla E100, dopo una specifica valutazione di sicurezza. Negli Stati Uniti viene utilizzata nella senape, nel formaggio, nel burro e nelle patatine fritte, come conservante e come agente colorante. La curcumina è disponibile in diverse forme tra cui capsule, compresse, unguenti, bevande energetiche, saponi e cosmetici.
Tradizionalmente la curcumina è usata nei Paesi asiatici come medicinale per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antimicrobiche e antitumorali. La Curcuma è utilizzata per la prevenzione di numerose malattie ed in particolare malattie neurovegetative, steatosi epatica, patologie gastroenterologiche (malattie infiammatorie croniche intestinali, sindrome del colon irritabile, infezione da Helicobacter pylori), malattie cutanee (vitiligine, psoriasi, dermatite da radiazioni), disordini oftalmologici (congiuntivite, cataratta, xeroftalmia, condizioni degenerative), malattie neurologiche (morbo di Alzheimer, ansia, depressione), infezioni ricorrenti del tratto respiratorio e prevenzione cardiovascolare (effetto ipolipemizzante).