Morsura – Esce il primo album “Selvatica”, anticipato da CONVERGENZA
Una tempesta di suono che apre voragini su abissi profondi, remoti, ancestrali. Questo è “Selvatica”, primo album dei Morsura, band Noise – Alternative Rock di stanza tra Macerata e Venezia, in uscita il 21 Marzo per Onlyfuckingnoise Records.
La storia è quella di un esperimento. Jacopo Pannocchia, incisore e batterista (ex Tagliabuio) e Federico Aggio, bassista e cantante dei Lucertulas, danno vita ai Morsura nell’inverno del 2012 a Venezia e dopo un periodo di prove tra Marche, Veneto e Londra si unisce alla band il chitarrista Mattia Antonelli per completare una formazione di power trio hardcore che nell’immaginario molto attinge anche dalle arti visive.
Il disco si apre con le potenti rullate di “Assenza”, manifesto dell’impatto acustico della band e della volontà di condurre attraverso le distorsioni dentro un vuoto da colmare (“E assenza sia […] / E non ricordo più nemmeno quando sia cominciato / Troverò il modo in cui dissolverti). “Ad un passo” e “Selvatica” formano subito a seguire un binomio di noise e chitarre allucinate che riportano inesorabilmente la memoria ad Oxbow e One Dimensional Man, per poi con “La resa” sterzare su territori più Stoner, con venature cupe e deserti artificiali tutti da costruire nella mente. “Fredda luce del mattino” funge da glaciale intro strumentale per “Nessun Eroe”, in cui la chitarra impazzisce sull’intreccio solido della sezione ritmica. “Naufragio”, nel testo e nell’interpretazione, sembra unire i Tool ai Marlene Kuntz in cui “il giorno affonda / e tu con lui”. “Supplica”, unico brano dalle sonorità più distese, in cui spicca un arpeggio di chitarra raffinato e suggestivo, chiude sapientemente l’album in un crescendo da lenta litania che implode, si ferma e poi riesplode definitivamente.
Ad accompagnare l’uscita dell’album il brano “Convergenza”, compendio dell’immaginario sonoro e testuale del trio, scelto come primo singolo e da oggi su YouTube con un bel video black and white diretto da Valentina Bracchetti:
Se l’ondata degli ultimi anni di musica indipendente italiana ha sembrato per molti versi virare su territori completamente diversi dalla lezione di una band come Il Teatro degli Orrori, ultimo vero fenomeno viscerale dell’Indie nostrano prima dell’avvento di Calcutta e The Giornalisti, un disco come questo dimostra che quella lezione non è andata perduta, ma sopravvive sotto forma di resistenza nascosta (per ora) tra i monti e le lagune, tra Recanati e la Serenissima, urlando a gran voce di esistere. E chissà che un giorno, anche grazie a esperimenti come questo, il Rock in Italia non torni davvero a dire la sua.
Marco Rizzoli